Le disposizioni del nuovo Codice
In chiave innovativa rispetto al Codice previgente, l’art. 41, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che “I costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall’importo assoggettato al ribasso”. L’ultimo periodo del medesimo comma dell’art. 41 precisa, però, che “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Sempre con riferimento ai costi della manodopera, il successivo articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023 prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali.
Il conflitto giurisprudenziale
Dal tenore della disposizione non è chiaro se il costo della manodopera vada, o meno, scorporato dall’importo complessivo assoggettabile a ribasso, con l’effetto pratico di dare luogo ad incertezze interpretative e, di conseguenza, ad un cospicuo contenzioso amministrativo.
A tutt’oggi, la giurisprudenza amministrativa non ha trovato un punto di approdo, registrandosi anzi due speculari orientamenti giurisprudenziali:
- secondo un primo orientamento, i costi della manodopera sono assoggettabili a ribasso e, come tali, salvo diversa prescrizione della legge di gara, vanno inclusi nella base d’asta. Per tale orientamento “Se, infatti, il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta” (TAR Toscana, sez. IV, 29.01.2024, n. 124; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 13.6.2024, 3732);
- in base ad un secondo orientamento, la tesi della ribassabilità dei costi della manodopera condurrebbe “alla sostanziale abrogazione della prescrizione dell’art. 41, comma 14, sulla non diretta ribassabilità della manodopera, ponendosi, oltretutto, in contrasto con il criterio direttivo enunciato nella legge delega” (in termini TAR Calabria, Reggio Calabria, 8.2.2024, nn. 119-120; TAR Campania, Salerno, 11.1.2024, n. 147).
Tali opposte posizioni – ben lungi dall’avere trovato una composizione – sono state ribadite in due sentenze, una del TAR Sicilia e l’altra del TAR Lombardia, pubblicate in pari data (11 novembre 2024).
La sentenza TAR Sicilia, Sez. Staccata di Catania, 11 novembre 2024, n. 3739 – nell’abbracciare l’orientamento favorevole alla ribassabilità dei costi della manodopera – richiama:
(i) l’articolo 108, comma 9, del d.lgs. n. 36 del 2023, laddove prescrive al concorrente di indicare nell’offerta economica, a pena di esclusione, i costi della manodopera, oltre agli oneri di sicurezza aziendali;
(ii) l’art. 110, comma 1, del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “Le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa. Il bando o l’avviso indicano gli elementi specifici ai fini della valutazione”;
(iii) ma anche l’ultimi periodo dell’art. 41, comma 13, del d.lgs. n. 36 del 2023, alla cui stregua “Resta ferma la possibilità per l’operatore economico di dimostrare che il ribasso complessivo dell’importo deriva da una più efficiente organizzazione aziendale”.
Da una lettura combinata delle disposizioni se ne deduce – prosegue il TAR Catania – che i costi della manodopera siano senz’altro assoggettabili a ribasso poiché “se il legislatore avesse voluto considerare tali costi fissi e invariabili, non avrebbe avuto senso richiedere ai concorrenti di indicarne la misura nell’offerta economica, né avrebbe avuto senso includere anche i costi della manodopera tra gli elementi che possono concorrere a determinare l’anomalia dell’offerta” (TAR Catania, n. 3739/2024).
Del resto, tale lettura si impone anche alla luce del principio costituzionale della libertà d’impresa scolpito dall’art. 41 Cost. dacché “una diversa lettura del quadro normativo di riferimento, visto nel suo insieme, determinerebbe un’eccessiva compressione della libertà d’impresa, in quanto l’operatore economico, operando un ribasso, potrebbe dimostrare che quest’ultimo sia correlato a soluzioni innovative e più efficienti, oppure, soprattutto in ipotesi di appalto di servizi, come quello per cui è causa, alla sua appartenenza ad un comparto, per il quale viene applicato un CCNL diverso da quello assunto come riferimento dalla stazione appaltante” (ibidem).
La questione è stata risolta in senso diametralmente diverso dal TAR Milano, con la sentenza TAR Lombardia, Sez. I, 11 novembre 2024, n. 3127.
Ai fini dell’esame della controversia sottoposta al proprio scrutinio il TAR Lombardia richiama il principio del risultato di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023, il quale costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto” e si manifesta “come regola interpretativa e di validità degli atti amministrativi”.
Nel caso specifico, il TAR evidenzia il carattere innovativo della nuova disciplina recata dall’art. 41, comma 14, del D.Lgs. n. 36/2023. L’apparente antinomia tra le norme del Codice degli appalti in tema di ribassabilità del costo della manodopera va risolta proprio alla luce del principio del risultato: “ritenere che il ribasso debba calcolarsi sull’importo a base d’asta conteggiando anche il costo della manodopera e poi consentire comunque al concorrente di giustificare i costi della manodopera che si discostano dai costi medi tabellari significa compiere una scelta dis-economica sotto il profilo procedurale, in quanto il costo della manodopera dapprima viene ritenuto ribassabile unitamente agli ordinari costi dei lavori e poi, nonostante l’avvenuto consentito ribasso, tale costo, ove a seguito del ribasso dovesse risultare distante dai valori tabellari, dovrà in ogni caso essere giustificato, in violazione del principio di efficienza dell’azione amministrativa”.
Al contrario, “l’interpretazione volta a ritenere che il ribasso debba calcolarsi sull’importo a base d’asta escludendo dal conteggio il costo della manodopera non avrebbe inciso in alcun modo sul conseguimento del risultato utile per la collettività e per l’amministrazione in termini di massima tempestività e del migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, in quanto il concorrente sarebbe sempre tenuto a giustificare il costo della manodopera ove distante dai valori tabellari. Anzi in questo caso non vi è commistione tra costo dei lavori e costo della manodopera, agevolando le operazioni di valutazione di congruità di entrambe le voci”.
Pertanto, conclude il TAR Lombardia, l’importo soggetto al ribasso deve essere composto dalla base d’asta al netto dei costi della manodopera e della sicurezza.
Conclusioni
L’attuale contrasto giurisprudenziale ha carattere tutt’altro che teorico, ponendo un serio problema agli operatori economici – salvo il caso di prescrizioni della legge di gara particolarmente cristalline – all’atto della formulazione della propria offerta economica, con tutti i conseguenti possibili strascichi di contenzioso che ne possono derivare.Nelle more di un (necessario) intervento chiarificatore – della Plenaria o del legislatore – è più che mai opportuno, per gli operatori economici, precisare in maniera chiara nella propria offerta economica se il ribasso sia stato formulato sulla base d’asta comprensiva del costo della manodopera o meno. Ciò al fine di chiarire, a fronte di una indubbia persistente ambiguità normativa, quale effettivamente sia il contenuto della propria manifestazione negoziale e, in particolare, l’importo economico effettivamente offerto