D: E’ legittima la penale per mancato conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata nel caso in cui il Comune non abbia esercitato i propri compiti di vigilanza sul corretto conferimento dei rifiuti?
R: La questione della legittimità della clausola del CSA che preveda una penale in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata è stata attenzionata dalla giurisprudenza civile e dall’ANAC.
In particolare, è stato evidenziato che il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata NON possa essere imputato in via esclusiva all’appaltatore, dipendendo il successo della raccolta differenziata da una serie di concomitanti fattori, taluni dei quali indipendenti dalla condotta dell’appaltatore.
Ed infatti, al fine di indurre gli utenti alla selezione dei rifiuti riciclabili sin dalla fase della selezione domestica, è necessario che “il pubblico potere faccia ricorso sia ai controlli che alle sanzioni amministrative, onde intervenire sui comportamenti collettivi ed individuali che si pongono in aperto contrasto con il programma di raccolta differenziata dei rifiuti” (Cons. Stato, Sez. V, n. 7031 del 21.9.2010).
Più nello specifico, i giudici amministrativi hanno affermato l’illegittimità delle disposizioni di gara “tendenti ad addossare all’appaltatore tutte le penalità (o “ritenute”) semplicemente in ragione del mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata previsti negli atti di gara a prescindere da qualsiasi inadempimento contrattuale” (cfr. TAR Catania, Sez. III, 3.7.2018, n. 1408).
Con Delibera n. 837 del 21.10.2020, l’ANAC ha evidenziato che “il successo della raccolta differenziata dei rifiuti dipende anche da fattori estranei al gestore del servizio, in quanto connessi sia ai comportamenti più o meno collaborativi dell’utenza in fase di raccolta, sia all’efficacia dell’azione del Comune, con specifico riferimento alle attivitàdi informazione e sensibilizzazione, nonché di controllo e sanzione dei comportamenti illeciti. Alla luce della ripartizione degli obblighi gravanti sulle parti in tema di raccolta differenziata, risultano illegittime le disposizioni degli atti di gara tendenti ad addossare all’appaltatore tutte le conseguenze economiche del mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata previsti, a prescindere da qualsiasi inadempimento contrattuale (TAR Catania, sez. III, 3 luglio 2018 n. 1408; Cons. Stato, sez. V, 21 settembre 2010 n. 7031)” (ANAC, Delibera 21.10.2020, n. 837).
Pertanto, prosegue l’Authortiy, “la decurtazione del compenso connessa al mancato raggiungimento di determinati livelli di raccolta differenziata da parte dell’appaltatore è una clausola applicabile solo qualora il capitolato d’appalto preveda un modello di raccolta che, sulla base di un’accurata analisi preventiva della situazione di fatto esistente, permetta di ritenere ragionevolmente esigibile il raggiungimento degli obiettivi posti (Delibera n. 818 del 26 settembre 2018)”.
Sulla base di questi ordini di considerazioni (in primis che il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata richiede il necessario coinvolgimento del Comune, quale esclusivo titolare del potere pubblicistico di controllo e sanzione), la giurisprudenza civile ha ripetutamente giudicato illegittime le penali per mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata comminate a carico dell’appaltatore senza alcuna considerazione della situazione di fatto e dei profili di co-responsabilità dell’Ente comunale.
Si è, in particolare, evidenziato che “il raggiungimento di determinati obiettivi, infatti, non dipende solo ed esclusivamente dall’attività di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche dal comportamento tenuto dagli utenti, chiamati a selezionare i rifiuti, e dall’amministrazione la quale deve fare ricorso a controlli e sanzioni amministrative nei confronti dei comportamenti collettivi ed individuali che si pongono in contrasto con il programma di raccolta differenziata” (Tribunale Catania sez. IV, 15/01/2020, n.181).
Il Tribunale di Napoli, nel ritenere illegittima la penale applicata all’appaltatore per mancato raggiungimento del RD, ha altresì evidenziato come “il raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata prescritte dalla normativa di settore (cd. Decreto Ro.) – 22 – era fortemente condizionato, da un lato, da iniziative di competenza dell’ente locale, dall’altro, da livelli di sensibilità e formazione culturale dei cittadini rispetto alle modalità di raccolta non rientranti nella esclusiva disponibilità di controllo della odierna attrice” (Tribunale Napoli, 13/01/2017, n.415)
Nei medesimi termini, si è rilevato come “competa al Comune, in quanto titolare di una serie di funzioni amministrative regolamentari, di controllo e sanzionatone, l’onere di garantire il raggiungimento delle percentuali minime di legge di raccolta differenziata. Il raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata prescritti dalla legge dello Stato, in tanto sarà possibile in quanto sia garantito, a monte, il conferimento differenziato dei rifiuti da parte dell’utenza negli appositi contenitori ovvero agli addetti per il servizio porta a porta. Posta la questione in tali termini, è, dunque, evidente che l’appaltatore non può in alcun modo garantire il virtuoso comportamento da parte dell’utenza sin dal momento del conferimento A tal fine, l’unico soggetto abilitato ad intervenire è proprio il Comune che ben può fare uso, ove occorra, degli occorrenti poteri pubblicistici di accertamento e sanzionatori per indurre l’utenza a conferire i rifiuti domestici ed urbani in maniera differenziata” (Consiglio di Stato, sez. V, 21/09/2010, n. 7031).
La citata pronuncia, peraltro, condivisibilmente osserva: da un lato, come l’obbligo dell’appaltatore di raggiungere determinati livelli di raccolta differenziata trova come suo antecedente logico e temporale la corretta suddivisione dei rifiuti da parte degli utenti e ciò tanto nell’ipotesi di raccolta “porta a porta”, quanto nell’ipotesi di raccolta “di prossimità”; dall’altro, osserva che solo il comune dispone dei poteri sanzionatori e repressivi dei comportamenti scorretti dell’utenza e che: “astrattamente, il raggiungimento delle percentuali minime di raccolta differenziata potrebbe essere ipotizzato ove all’appaltatore fossero state concesse tutte le funzioni pubbliche spettanti al Comune per controllare concretamente la fase del conferimento, ivi comprese le potestà pubblicistiche di vigilanza ed il conseguente esercizio di quelle sanzionatorie. In mancanza di attribuzione di tutte tali ulteriori funzioni e dell’esercizio delle altre azioni spettanti alle istituzioni sovraordinate rispetto al Comune, non è logico porre a carico del gestore dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, l’onere di raggiungere ad ogni costo le percentuali minime di raccolta differenziata”.
In altri termini, l’obbligo del Comune di raggiungere i livelli di raccolta differenziata previsti per legge passa inevitabilmente anche dall’esercizio del potere –a tal fine conferito sempre dalla legge- di sanzionare i comportamenti negligenti” (Tribunale Catania, 29/09/2018, n.3798).
In conclusione, alla luce della giurisprudenza richiamata, deve ritenersi illegittima la penale contrattuale disposta sic et simpliciter a carico dell’appaltatore, in assenza di una valutazione in ordine all’effettiva – ed integrale – imputabilità soggettiva del fatto al gestore del servizio, tenuto conto che il raggiungimento di determinati obiettivi non dipende solo ed esclusivamente dall’attività di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche dal comportamento tenuto dagli utenti, e dall’amministrazione comunale, la quale deve fare ricorso a controlli e sanzioni amministrative nei confronti dei comportamenti collettivi ed individuali che si pongono in contrasto con il programma di raccolta differenziata.