Con il Parere della Funzione consultiva n. 4 del 10 aprile 2024 l’Anac è stata chiamata pronunciarsi sulla legittimità di una clausola del Bando di gara che prevedeva il termine di pagamento delle fatture a 120 giorni dalla relativa emissione da parte dell’appaltatore.
Com’è noto, l’art. 113-bis del D.Lgs. n. 50/2016 ha previsto che “I pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche”. Analoga disposizione è stata riprodotta anche all’art. 125, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023.
A propria volta, l’art. 4 del D.Lgs. 231/2022 (rubricato “termini di pagamento”) ha statuito che – di regola, salvo diversa pattuizione scritta delle parti – il periodo di pagamento non può superare i trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Con specifico riferimento ai contratti stipulati da una p.A., il D.Lgs. n. 231/2002 ha previsto che “Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2non possono essere superiori a sessanta giorni”.
Sulla scorta di tali disposizioni, l’ANAC ha quindi ritenuto illegittima la clausola del contratto d’appalto che fissava un termine di 120 giorni per il pagamento delle fatture da parte dell’amministrazione appaltante. Per l’Authority, “La norma pone pertanto una limitazione all’autonomia contrattuale e alla derogabilità della disciplina dei termini prorogabili solo nella misura massima di giorni sessanta, nei casi in cui la natura particolare del contratto o talune sue caratteristiche ne giustifichino oggettivamente la proroga, previa approvazione per iscritto della relativa clausola contrattuale”.
Di conseguenza, stante il diretto contrasto con norme imperative di legge, “Pattuizioni contrattuali in violazione di tali prescrizioni sono pertanto nulle e, per effetto dell’eterointegrazione normativa, si determina l’applicazione della disciplina normativa di cui all’articolo 4 del d.lgs. 231/2002, sopra richiamato (cfr., in tal senso, Tribunale di Sciacca, sentenza n. 189 del 7 giugno 2023)”.
Dal carattere inderogabiledella disposizione discende il potere di eterointegrazione della norma stessa, che trova applicazione anche nel caso in cui la lex specialis di gara sia silente o preveda clausole difformi, che devono ritenersi sostituite di diritto ex articolo 1339 c.c.
Ne consegue che la disciplina di gara nel caso di specie possa considerarsi eterointegrata dalla disposizione in questione, processo attraverso cui il riferimento ai “centoventi giorni” di pagamento deve essere inteso quale “trenta giorni” ai sensi dell’articolo 113-bis del d.lgs. n. 50/2016.
Tale eterointegrazione – per l’ANAC – deve ritenersi applicabile ai sensi dell’articolo 1339 anche al contratto, la cui clausola sulle tempistiche di pagamento, che ne costituisce elemento essenziale, non può essere apposta in violazione di una norma imperativa.
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