Consiglio di Stato, Sez. V, 12/4/2024, n. 3336
Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ribadito che oggetto dell’obbligo dichiarativo è qualunque fatto suscettibile di essere qualificato come grave illecito professionale, sì da permettere all’Amministrazione di valutare se il comportamento pregresso assuma la qualificazione oggettiva di comportamento in grado di incrinare l’affidabilità e integrità dell’operatore nei rapporti con l’Amministrazione e di mettere il fatto così qualificato in relazione con il contratto oggetto dell’affidamento.
Più nello specifico, i giudici amministrativi sembrano affermare che, innanzi ad un fatto qualificabile come illecito professionale, non possa esserci alcun automatismo espulsivo, dovendo invece l’amministrazione procedere ad avviare un procedimento in contraddittorio con l’operatore economico interessato al fine di valutare, nel suo complesso, il comportamento da quest’ultimo tenuto.
Nel caso di specie, vi era stata l’omessa comunicazione, da parte della concorrente, del decreto di rinvio a giudizio emesso dal G.U.P. di Cosenza nei confronti di soggetti titolari di cariche apicali per i delitti di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.), falso ideologico e materiale (artt. 479 e 476 c.p.) e truffa ai danni dello Stato.
Sul punto, la sentenza in commento ricorda che “sussiste in capo ai concorrenti l’onere di comunicare alla stazione appaltante tutte le vicende attinenti lo svolgimento della propria attività professionale al fine di consentire di valutare la loro eventuale incidenza sulla reale affidabilità, morale e professionale”.
Nel caso de qua, dunque, non vi è stato alcun automatismo espulsivo, avendo l’amministrazione aggiudicatrice dato peso all’omissione di informazioni rilevanti, previste dalla legge e dalla normativa di gara