La definizione
Le clausole sociali sono disposizioni – sia di fonte normativa che convenzionale – che pongono specifici obblighi di carattere sociale in fase esecutiva a carico dell’appaltatore (ad. es. obblighi di assorbimento del personale; promozione della parità di genere; applicazione dei CCNL di settore etc.) con l’effetto di condizionare la libertà di iniziativa economica per subordinarla al perseguimento (anche) di interessi collettivi ritenuti socialmente rilevanti.
L’inserimento nei bandi di gara di specifiche clausole sociali è stato imposto dalle Direttive appalti del 2014, le quali hanno individuato nel mercato pubblico uno strumento prezioso per contribuire ad una crescita “intelligente, sostenibile ed inclusiva”, esplicitamente ponendo a fianco della tutela della concorrenza anche la realizzazione di più ampi obiettivi in materia di sicurezza sociale, lavoro e ambiente. Con l’art. 18, par. 2, Dir. 24/2014 viene, quindi, imposto agli Stati membri di adottare misure adeguate per garantire che gli operatori economici rispettino – a pena di esclusione dalla gara – nell’esecuzione degli appalti le norme in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dall’Unione e dal diritto internazionale.
Le clausole sociali tra vecchio e nuovo Codice
Nella codificazione delle clausole sociali, il D.Lgs. n. 50/2016 si era concentrato esclusivamente sulle sole esigenze di stabilità occupazionale, sul rispetto dei minimi salariali e degli obblighi contributivi riconosciuti nei CCNL e, in generale, sul rispetto degli standard imposti da altre norme anche in tema di sicurezza del lavoro.
Le norme del nuovo Codice, invece, ampliano l’orizzonte e guardano anche alla lotta alle discriminazioni di genere, al miglioramento delle condizioni di lavoro (anche oltre gli standard obbligatori) e al ricambio generazionale, in linea con le Direttive europee e con gli obiettivi delineati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il primo, rilevante, profilo di novità consiste nella portata cogente dell’onere di inserire le clausole sociali nei bandi di gara, imposto dall’art. 57 del D.Lgs. n. 36/2023. Tale obbligo viene esteso a tutti gli appalti di lavori e servizi (con la sola esclusione dei servizi di natura intellettuale) e alle concessioni. Viene meno, quindi, la limitazione – contenuta all’art. 50 del D.Lgs. n. 50/2016 – dell’obbligatorio inserimento delle clausole sociali ai soli appalti ad alta intensità di manodopera. In questo modo, le clausole sociali assurgono a veri e propri «requisiti necessari dell’offerta», la cui mancanza (e/o mancata accettazione) rende l’offerta incompleta e, quindi, da escludere.
Secondo elemento di novità consiste nell’elencazione di un ampio catalogo di clausole sociali: mentre il D.Lgs. n. 50/2016 limitava ai soli appalti ad alta intensità di manodopera l’inserimento di clausole inerenti all’assorbimento del personale e all’applicazione dei contratti collettivi delle organizzazioni maggiormente rappresentative, il nuovo Codice fa un deciso passo avanti, individuando – si ritiene a titolo esemplificativo e non esaustivo – una più ampia gamma di clausole da inserire negli atti di gara.
Esse spaziano da misure orientate a garantire (i) le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate, (ii) la stabilità occupazionale del personale impiegato, nonché l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, sino a quelle volta a garantire (iii) le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare.
L’obbligo di obbligatorio inserimento delle clausole sociali nel Bando di gara
Il Codice impone l’obbligatorio inserimento di clausole sociali – sia pure “tenuto conto della tipologia di intervento” – in tutti i bandi di gara, con la sola esclusione delle procedure per l’affidamento di servizi ad alta intensità di manodopera.
L’obbligatoria inserzione di tali clausole negli atti di gara viene ribadita al successivo articolo 102, alla cui stregua «nei bandi, negli avvisi e negli inviti le stazioni appaltanti, tenuto conto della prestazione oggetto del contratto, richiedono agli operatori economici di assumere i seguenti impegni: a) garantire la stabilità occupazionale del personale impiegato; b) garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore … nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare; c) garantire le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per le persone con disabilità o svantaggiate».
Dato il carattere cogente di tale onere, deve ritenersi che la mancata considerazione di tali ordini di clausole da parte della stazione appaltante renda la procedura annullabile.
Discusso è altresì il carattere immediatamente escludente, o meno, della
Le clausole di assorbimento del personale nel difficile equilibrio tra diritti sociali e libertà di mercato
Il nuovo Codice ha confermato – ampliandone lo spettro applicativo – la clausola relativa all’obbligo di assorbimento del personale del gestore uscente del servizio.
Tale clausola rende tangibile il nodo del difficile raccordo tra la libertà imprenditoriale e le istanze di stabilità dei lavoratori coinvolti nell’esecuzione dell’appalto, rendendo evidente la difficoltà di una composizione normativa e generale tra tali istanze polarizzate e, tendenzialmente, conflittuali. La ricerca di un punto di equilibrio è resa più difficoltosa dalla laconica costruzione della norma, la quale si limita ad affermare che le clausole sociali trovano applicazione «nel rispetto dei principi dell’Unione europea», senza null’altro aggiungere circa il contenuto che tali previsioni debbano assumere, né in relazione ai limiti entro i quali sia possibile fare ricorso alle clausole di riassorbimento, rendendo così particolarmente arduo lo sforzo interpretativo a carico di stazioni appaltanti e operatori del settore.
Già sotto la vigenza del D.Lgs. n. 50/2016, questa polarizzazione degli interessi, unita alla poca precisione del dettato normativo, aveva animato un cospicuo contenzioso amministrativo, che ha visto la giurisprudenza progressivamente assestarsi sul riconoscimento del tendenziale primato della libertà di iniziativa economica dell’appaltatore (Cons. Stato, Sez. V, 20.3.2023, n. 2806; Id., Sez. V, 2.11.2020, n. 6761).
Su queste basi, i giudici amministrativi hanno, quindi, ritenuto illegittime le clausole di gara volte a comprimere le scelte imprenditoriali dell’operatore economico fino ad imporre l’obbligo di assorbimento generalizzato dei lavoratori del precedente datore di lavoro.
L’interpretazione elastica della clausola di assorbimento del personale
Pertanto, la giurisprudenza amministrativa si è assestata nel ritenere che la clausola sociale vada formulata ed intesa «in maniera elastica e non rigida, rimettendo all’operatore economico concorrente finanche la valutazione in merito all’assorbimento dei lavoratori impiegati dal precedente aggiudicatario» poiché «l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto va contemperato con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto» (Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885).
Il riconoscimento dell’elasticità della clausola sociale non è, però, incondizionato: per la giurisprudenza amministrativa, la flessibilità nell’applicazione della clausola sociale non può spingersi fino al punto da legittimare politiche aziendali di dumping sociale in grado di vanificare gli obiettivi di tutela del lavoro perseguito attraverso la stessa (Cons. Stato, n. 2806/2023).
Fa eccezione, però, il caso in cui l’imprenditore è appartenente ad associazione datoriale firmataria del contratto collettivo: a queste condizioni, infatti, la clausola, frutto dell’autonomia collettiva, ove più stringente, prevale anche sulla clausola contenuta nel bando di gara (Cons. Stato, n. 5243/2019).clausola della legge di gara che impone l’incondizionato obbligo di assunzione del personale del gestore uscente. Chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di una clausola sociale che imponeva l’indistinto assorbimento di tutto il personale dell’azienda cessante, il Consiglio di Stato ha ritenuto che una clausola di tale stregua sia immediatamente lesiva – con conseguente onere dell’appaltatore di tempestiva impugnazione – nel caso in cui essa non consenta all’appaltatore di formulare un’offerta economicamente sostenibile poiché «questo si traduce in un fattore ostativo alla partecipazione emina in radice la serietà delle offerte di gara e dell’intero procedimento contrattuale, nonché, più in generale, quelle che stabiliscono condizioni negoziali che rendono il rapporto eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente» (Cons. Stato, Sez. V, 31.3.2020, n. 2183).