D: La stazione appaltante ha adottato un provvedimento di risoluzione del contratto, deducendo l’inadempimento dell’appaltatore, quali sono gli strumenti di tutela a disposizione dell’appaltatore?
Il legislatore attribuisce alla stazione appaltante un particolare potere di disporre, autonomamente e autoritativamente, la risoluzione del contratto d’appalto. In particolare, per quel che interessa in questa sede, facciamo riferimento a quanto previsto dall’art. 122, comma 3, del D.Lgs. n. 36/2023, ovvero la possibilità per la stazione appaltante di adottare un provvedimento di risoluzione allorchè ricorra un “grave inadempimento delle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da compromettere la buona riuscita delle prestazioni”.
Nell’esercitare tale potere, la stazione appaltante è tenuta ad osservare la procedimentalizzazione prevista dall’art. 10 dell’Allegato 14.II. del Codice, sostanzialmente caratterizzata da una prima fase di contestazione degli addebiti da parte del Direttore dei Lavori, con assegnazione di un termine non inferiore all’appaltatore per proporre controdeduzioni al RUP. Laddove tali controdeduzioni non fossero valutate positivamente, il RUP dichiarerà il contratto risolto.
Così inquadrata la fattispecie di riferimento, possiamo occuparci di quelli che possono essere gli strumenti di tutela a garanzia dei diritti dell’appaltatore.
Ebbene, laddove le controdeduzioni alle contestazioni di addebito – come sovente, se non sempre accade – siano valutate negativamente dalla committente e, dunque, la stazione appaltante adotti il provvedimento di risoluzione, l’appaltatore non potrà far altro che agire prontamente dinanzi al Tribunale Civile, contestando la legittimità del provvedimento – per vizi procedimentali o di merito – chiedendone la disapplicazione.
Invero, la giurisprudenza ormai consolidatasi in materia, attribuisce la giurisdizione a valutare il provvedimento di risoluzione del contratto non al TAR, bensì al Tribunale Civile, andandosi a sindacare un provvedimento adottato nella fase esecutiva del rapporto contrattuale.
Nel agire processualmente, l’appaltatore potrà chiedere la disapplicazione del provvedimento di risoluzione che ritiene viziato, con onere a proprio carico di dedurre e dimostrare i fatti posti a fondamento delle proprie richieste.
Alla richiesta di disapplicazione del provvedimento può – e deve – essere accompagnata una richiesta risarcitoria, per i danni subiti dalla risoluzione contrattuale.
Altresì, nella pratica quotidiana può ben accadere che, non solo l’appaltatore deduca l’illegittimità del provvedimento di risoluzione, ma anche ritenga che nel corso del rapporto vi siano stati dei comportamenti della stazione appaltante tali da connotarsi in termine di grave inadempimento contrattuale (art. 1455 c.c.). In tali casi, l’appaltatore non si limiterà, dunque, a chiedere la disapplicazione del provvedimento, ma chiederà al Tribunale anche l’emissione di una sentenza costitutiva di risoluzione del contratto per grave inadempimento della stazione appaltante (art. 1453 c.c.). Anche in questo caso, tale richieste può e deve essere accompagnata da una richiesta risarcitoria, per danno da lucro emergente (danni patiti) e lucro cessante (tra gli altri, mancato guadagno dall’esecuzione del contratto e mancato accrescimento della classifica SOA).