Il tema della revisione del canone d’appalto è di grande interesse per le imprese titolari di un contratto pubblico ad esecuzione continuativa (appalto di servizi di igiene urbana; facility management; manutenzione etc.), soprattutto a fronte degli incrementi inflattivi registratisi negli ultimi anni, i quali rischiano seriamente di compromettere l’equilibrio sinallagmatico e di a dura prova la capacità dell’appaltatore di ottemperare ai propri oneri contrattuali.
Per verificare se – e a quali condizioni – il contratto d’appalto sia assoggettato al meccanismo di revisione periodica occorre fare riferimento alla disciplina vigente alla data di pubblicazione del bando di gara:
- nel caso di appalti indetti sotto la vigenza del D.Lgs. n. 163/2006, l’art. 115 introduce una clausola revisionale automatica: anche ove non espressamente previsto dal contratto e/o dagli atti di gara – e perfino in caso di clausola difforme – il contratto d’appalto è assoggettato a revisione periodica, con conseguente diritto dell’appaltatore di richiedere, a partire dal secondo anno, l’aggiornamento del canone d’appalto all’indice FOI;
- diverso è il regime per gli appalti sottoposti al D.Lgs. n. 50/2016: in questo caso la revisione del canone è possibile solo è espressamente prevista negli atti di gara. In caso contrario, l’appaltatore – salvo i rimedi revisionali di carattere eccezionale, ad esempio in caso di variazione almeno pari al 10% – non ha titolo per richiedere l’aggiornamento del canone d’appalto;
- infine, per i contratti aggiudicati sotto la vigenza del nuovo Codice (D.Lgs. n. 26/2023) torna in auge il meccanismo di revisione obbligatoria: l’art. 60 del Codice impone alle stazioni appaltanti di introdurre nei documenti di gara una clausola di revisione del prezzo. Innovativamente, il Codice fissa anche dei parametri (più stringenti) per l’attivazione di tale clausola: il meccanismo revisionale si applica per ipotesi di aumento/diminuzione superiore al 5% dell’importo complessivo dell’appalto e opera in misura pari all’80% in relazione alla quota dell’importo variato. Quanto all’indice di riferimento, innovativamente rispetto alla disciplina previgente, il Codice stabilisce che debba farsi riferimento agli indici sintetici delle variazioni dei prezzi relativi ai contratti di lavori, servizi e forniture approvati dall’ISTAT (e non all’indice FOI).
La richiesta può essere formulata dall’operatore, di norma, a partire dal secondo anno di esecuzione del contratto.
È bene precisare che, come chiarito dai giudici amministrativi, la revisione del canone d’appalto (alle condizioni previste dalla normativa vigente ratione temporis) costituisce un vero e proprio diritto dell’appaltatore: a fronte della richiesta la Stazione appaltante è obbligata ad avviare il procedimento di adeguamento del canone d’appalto, e non può sottrarvisi semplicemente serbando un contegno silente. La giurisprudenza amministrativa riconosce, infatti, “l’ammissibilità dell’actio contra silentium in tema di revisione dei prezzi negli appalti pubblici, non discendendo il diritto soggettivo alla revisione direttamente dalla legge, ma dovendo lo stesso trovare riconoscimento all’esito di un procedimento amministrativo, vertendosi in un’area di rapporti in cui la P.A. agisce esercitando il suo potere autoritativo, come del resto palesato dalla circostanza che l’art. 115 del Codice dei contratti (all’epoca vigente) rinvia ad un’istruttoria condotta dai dirigenti responsabili di beni e servizi e pertanto ad una attività procedimentalizzata, avviabile ad impulso di parte” (TAR Campania, Sez. VIII, 12.9.2023, n. 5058).
In caso di inerzia della p.A., quindi, l’appaltatore può proporre un ricorso amministrativo avverso il silenzio affinché la stazione appaltante sia condannata a pronunciarsi con un provvedimento espresso.
Per quanto riguarda il quantum, salvo diversa previsione della legge di gara, si fa riferimento all’indice FOI relativo all’annualità di riferimento. Secondo una parte della giurisprudenza, l’indice Istat-Foi deve essere assunto nella sua misura intera e non deve essere soggetto a decurtazioni (TAR Campania, Napoli, Sez. V, 30.1.2023, n. 684) poiché “ogni sua riduzione comporterebbe il rischio di neutralizzare in concreto gli effetti benefici per l’impresa derivanti dall’applicazione del meccanismo revisionale, rendendo il comportamento della stazione appaltante sostanzialmente elusivo del dettato di legge”. Secondo un differente approccio ermeneutico, invece, l’indice FOI rappresenterebbe il limite massimo e non, invece, il quantum automaticamente riconoscibile all’appaltatore.
Il provvedimento finale con cui la p.A. non riconosce – ovvero riconosce in misura inferiore al dovuto – l’adeguamento del canone d’appalto è sindacabile innanzi al giudice amministrativo.
Una precisazione interessante: la revisione del canone d’appalto si applica anche ai contratti in regime di proroga, a condizione che la proroga sia stata disposta dalla p.A. ai medesimi patti e condizioni del contratto d’origine (in questi termini ex multis TAR Campania, Napoli, Sez. V, 11.1.2023, n. 254).
Per quanto riguarda il termine entro cui avanzare la richiesta di adeguamento del canone d’appalto, va precisato che il diritto alla revisione del canone d’appalto soggiace al termine di prescrizione quinquennale, pertanto l’appaltatore ha diritto di chiedere la revisione del canone entro i successivi cinque anni dall’annualità per la quale la richiesta è formulata (TAR Treno, 19.7.2022, n. 140). La decorrenza di termine è, ovviamente, suscettibile di essere interrotta in caso di compimento, da parte dell’appaltatore, di un atto idoneo ad interrompere la prescrizione.
Ad esempio, l’appaltatore ha diritto a richiedere la revisione del canone dell’annualità 2018 se abbia compiuto nelle more un atto idoneo ad interrompere la prescrizione (ad esempio se abbia formulato nel 2020 un’istanza di adeguamento del canone pur rimasta senza riscontro da parte della p.A.).
Come si vede, la revisione del canone d’appalto è un vero e proprio diritto riconosciuto in capo all’appaltatore. Un diritto che – a fronte dei sostanziosi incrementi inflattivi degli ultimi anni – l’appaltatore ha tutto l’interesse a far valere, anche a tutela dell’equilibrio contrattuale nonché del mantenimento degli standard qualitativi del servizio affidato.
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