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Subappalto tra vecchio e nuovo codice

Pubblicato il 27 Dicembre 2023

da: Federica Lorenzetti

Cons. Stato, Sez. IV, 11 dicembre 2023, n. 10675

Il subappalto ricorre quando l’aggiudicatario, una volta stipulato il contratto con la pubblica amministrazione, demanda ad un altro soggetto l’esecuzione di attività rientranti nell’oggetto dell’appalto stesso. Si tratta di una peculiare modalità di esecuzione dell’appalto che, per poter operare, esige la previa dichiarazione all’atto della partecipazione alla gara. 

Tale istituto, quale modalità di esecuzione dell’appalto, viene dunque in rilievo nell’ambito civilistico della procedura di affidamento.

Preliminarmente, occorre tenere presente che sussiste un contrasto tra il diritto unionale e quello nazionale in relazione a tale istituto. A livello europeo, esso è infatti visto quale strumento virtuoso, che incentiva la partecipazione e la competitività, favorendo l’ingresso sul mercato di piccole e medie imprese e quindi potendo essere svolto senza limiti di alcuna sorta. A livello nazionale, invece, è ritenuto strumento potenzialmente pericoloso, in quanto suscettibile di determinare una compressione dei diritti dei lavoratori e di favorire le infiltrazioni mafiose nell’ambito dei contratti pubblici.

Per contro, in entrambi gli ordinamenti il subappalto viene considerato alla stregua di una deroga al principio della non cedibilità del contratto pubblico. 

Nella pronuncia in commento il Consiglio di Stato ha avuto modo di chiarire che, anche nel nuovo codice, il d.lgs. n. 36 del 2023, resta imprescindibile, ai fini del subappalto, l’autorizzazione della stazione appaltante. 

Più precisamente, nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici amministrativi, la committente, nelle more dell’esecuzione contrattuale, aveva rilevato la presenza di un ulteriore operatore economico, un subappaltatore, del quale l’aggiudicatario non aveva dato alcuna informazione nella offerta iniziale.

Pertanto, l’amministrazione aggiudicatrice procedeva alla revoca della aggiudicazione e allo scorrimento della graduatoria.

L’operatore economico impugnava ritualmente l’aggiudicazione davanti al TAR competente, il quale però rigettava il gravame. Conseguentemente veniva proposto appello avanti al Consiglio di Stato, lamentando, ex multis, l’impossibilità di configurare nel caso di specie un subappalto poiché : i) mancano, in ogni caso, tutti i requisiti previsti per aversi subappalto; ii) la presunta subappaltatrice «gode solo di una rendita di posizione, forse lucrosa ma che non vede coinvolgimenti nell’esecuzione di prestazioni materiali che rappresentino quote del quid appaltato»; iii) si tratterebbe di prestazione che «non è direttamente effettuata a favore dell’appaltante, ma funzionale»iv) non sussisterebbero poi i requisiti richiesti dall’art. 105 del Decreto Legislativo n. 50 del 2016 per configurare il rapporto quale subappalto secondo la prospettazione proposta da parte appellante, perché non involge prestazioni richiedenti manodopera, non supera il 2% dell’importo dell’appalto e l’incidenza del costo della manodopera non supera il 50%. 

Il consiglio di Stato, nel rigettare l’appello, ha innanzitutto richiamato la disciplina ratione temporis applicabile, ovvero l’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016, il quale prevede che «Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto» (comma 2, primo inciso);

«Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare» (comma 2, secondo inciso);

«L’affidatario comunica alla Stazione Appaltante, prima dell’inizio della prestazione, per tutti i sub-contratti che non sono subappalti, stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del sub-contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati» (comma 2, secondo inciso);

I soggetti affidatari dei contratti devono essere autorizzati dalla Stazione Appaltante e ciò può avvenire «purché a) l’affidatario del subappalto non abbia partecipato alla procedura per l’affidamento dell’appalto; b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all’articolo 80; c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare» (comma 4).Tale disciplina, osservano i giudici di Palazzo Spada, è stata mantenuta ferma anche dal nuovo codice, ovvero il d.lgs. n. 36 del 2023, il quale ha soltanto specificato ciò che comunque si desumeva dal sistema, ovvero il fatto che “il subappaltatore si caratterizza per avere una propria organizzazione con assunzione del rischio imprenditoriale relativamente alla parte dell’appalto che esegue “. La nuova normativa, dunque, in conformità con le prescrizioni europee, “si connota per una maggiore apertura verso questo modulo contrattuale ed eliminazione di alcuni limiti imposti dalla precedente normativa”. Nondimeno, in coerenza con quanto previsto per alcune figure contrattuali nell’ambito del diritto civile, “elemento imprescindibile è costituito dall’autorizzazione da parte della stazione appaltante”.

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