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Sul carattere residuale del risarcimento per equivalente in materia di appalti

Pubblicato il 29 Gennaio 2024

da: Federica Lorenzetti

TAR Piemonte, Torino, Sez. I, 18 gennaio 2024, n. 31 

Con la sentenza in commento il TAR Torino ha ribadito il principio per cui al ricorrente non spetti il risarcimento per equivalente qualora l’accoglimento del ricorso avverso l’aggiudicazione di appalto ad altra impresa intervenga in tempo utile a restituire all’impresa interessata in forma specifica la chance di partecipare alla gara, altresì chiarendo che la pretesa risarcitoria per equivalente possa essere ridotta qualora l’interessato, pur avendone l’opportunità, non abbia insistito per ottenere l’aggiudicazione dell’appalto.

Preliminarmente, il TAR torinese osserva che nel nostro ordinamento la riparazione delle conseguenze dannose viene garantita  mediante due modelli di tutela, tra di loro alternativi, e non cumulativi: quello del risarcimento in forma specifica, che consiste nella condanna del responsabile all’eliminazione materiale del danno attraverso l’attribuzione al soggetto passivo della medesima utilità, giuridica od economica, sacrificata o danneggiata dalla condotta illecita; e quello della reintegrazione per equivalente, che riveste una funzione di traslazione economica del valore della lesione patrimoniale patita dal soggetto passivo nella sfera giuridica del responsabile del danno. Il risarcimento per equivalente, dunque, resta l’unica opzione laddove non sia possibile ottenere la tutela in forma specifica. Si tratta, precisa il TAR, “di due modalità di ristoro tra di loro alternative, in quanto l’opzione di ripristino del danno nella sua dimensione economica resta subalterna a quella in forma specifica ed è prerogativa del danneggiato che formula in giudizio la domanda risarcitoria scegliere la via che intende percorrere”. Del resto, sottolinea il Collegio, la forma più immediata e satisfattiva degli interessi pretensivi è data dal giudicato demolitorio-confermativo.

Sul punto, peraltro, soccorrono le norme civilistiche sul risarcimento del danno e, in particolare, l’art. 2058 c.c., ai sensi del quale il risarcimento in forma specifica può essere disposto quando vi sia la domanda di parte, la possibilità pratica di tale forma di ristoro, la non eccessiva onerosità per il debitore. Ciò premesso, nel settore degli appalti pubblici il risarcimento del danno in forma specifica si atteggia in maniera peculiare. Innanzitutto, afferma la costante giurisprudenza, esso presuppone la possibilità del rinnovo della gara. In secondo luogo, poi, la tutela in forma specifica costituisce il rimedio principale, avendo il risarcimento in forma per equivalente valenza residuale, potendo essere concesso “solamente nelle ipotesi in cui in sede di rinnovazione delle operazioni di valutazione, l’amministrazione intimata dovesse motivatamente ritenere impossibile, ai sensi dell’art. 2058 cod. civ., il ripristino integrale della legalit”. La prestazione contrattuale, infatti, può essere divenuta impossibile per cause imputabili all’amministrazione o perché l’attività è già stata nelle more resa ed esaurita da altro soggetto.

Pertanto, “L’annullamento dell’atto e il conseguente rinnovo conforme a legge costituiscono, dunque, una forma di risarcimento in forma specifica, che esclude altre forme di risarcimento, in virtù del principio della priorità logico-giuridica della tutela riparatoria, rispetto a quella risarcitoria per equivalente (cfr. T.A.R. Napoli (Campania), Sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177)“. La sussistenza o meno di un residuo danno in concreto potrà poi essere ulteriormente verificata all’esito del rinnovo della gara: “nel caso in cui il ricorrente, mediante l’annullamento del diniego di aggiudicazione di un contratto pubblico, ottenga il risarcimento in forma specifica, alcun danno risarcibile per equivalente residuerà nella sua sfera giuridica ad eccezione del solo eventuale danno emergente o lucro cessante per il periodo anteriore alla reintegrazione in forma specifica (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281T.A.R. Napoli (Campania), Sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177)“.

Ovviamente, precisa il TAR, in caso di risarcimento in forma specifica, “la riedizione della gara può portare ad una aggiudicazione solo alle medesime condizioni offerte in gara, venendosi altrimenti ad offrire al ricorrente una anomala possibilità, preclusa in ogni contesto di gara pubblica, di modificare l’offerta originariamente predisposta”.

Nel caso di specie era accaduto che la ricorrente, in un procedente giudizio, aveva ottenuto il risarcimento in forma specifica, con annullamento del provvedimento di aggiudicazione della gara e scorrimento in graduatoria in proprio favore. Senonché, successivamente all’aggiudicazione dell’appalto, la Società si era avveduta di non essere in condizione di mantenere la propria offerta, con conseguente declaratoria di decadenza dell’aggiudicazione da parte dell’amministrazione appaltante. Pertanto, la Società aveva adìto il TAR Torino chiedendo chiedendo la condanna dell’amministrazione al risarcimento per equivalente monetario dei danni subiti per la perdita della possibilità di eseguire l’appalto e di conseguire il relativo utile a causa dell’illegittima e ingiusta adozione dell’originario. Tuttavia, ad avviso dei giudici amministrativi, “l’aver coltivato l’azione risarcitoria in forma specifica senza diligentemente accertarsi di poterne poi beneficiare si ascrive all’esclusiva autoresponsabilità contrattuale della concorrente ed ha comportato una consumazione dell’azione risarcitoria che, si ripete, contempla due originarie modalità alternative ma non una indefinita serie di possibilità di reiterazione”. Diversamente opinando, ha concluso il TAR Torino, si consentirebbe alla ricorrente la duplicazione di una azione che ha già consumato in violazione del principio processuale del ne bis in idem, avendo quest’ultima esaurito gli strumenti di tutela concesso dall’ordinamento.

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