TAR Catania, Sez. III, 7.2.2024, n. 478
Con la sentenza in commento il TAR Catania si è pronunciato in ordine al rapporto intercorrente tra il principio della fiduciae la verifica dell’anomalia.
Nel caso portato all’attenzione del TAR siciliano la società ricorrente contestava la mancata attivazione – da parte della amministrazione resistente – della sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, nonostante un ribasso di quest’ultima pari al 41%.
Il Collegio, nel ritenere incomprensibile la scelta della stazione appaltante di non procedere alla verifica dell’anomalia, nonostante l’interesse pubblico sotteso al servizio in oggetto, ha affermato che la scelta dell’amministrazione resistente risulta inficiata da irragionevolezza e illogicità manifesta, “risultando sintomatica (…) di un uso della discrezionalità distorto e contrario al principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost, determinando, pertanto, l’intervento caducatorio dell’autorit.”
Sul punto, i giudici amministrativi argomentano facendo leva sul principio della fiducia, codificato dall’art. 2 del d.lgs. n. 36 del 2023, ai sensi del quale “l’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”.
Si tratta di un principio finalizzato a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e che comporta che ogni stazione appaltante sia tenuta a svolgere le gare non solo rispettando la legalità formale ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività.
L’applicazione di tale principio, se da un lato amplia i poteri valutativi e discrezionali della p.a., dall’altro non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero sempre tendere al suo migliore soddisfacimento. Ne discende che tale principio, pur aumentando la discrezionalità dell’amministrazione, non esclude la sindacabilità da parte del giudice amministrativo.
Per il giudice adito, infatti, “a fronte di scelte discrezionali dell’amministrazione che presentino, come nel caso di specie, macroscopici vizi di illegittimità, non può veder arretrare l’area del suo scrutinio, specie ove riconosca che la “fiducia” accordata alla scelta operata da una stazione appaltante tradisca l’interesse pubblico sotteso ad una gara”.
Del resto, “proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” cui deve tendere l’appalto, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale. Il risultato che l’amministrazione deve perseguire, invero, deve essere virtuoso, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttivit”.
Pertanto, i giudici amministrativi giungono alla conclusione che, nel caso di specie, l’amministrazione resistente non ha fatto buon governo di tale principio, avendo quest’ultima disatteso irragionevolmente, addivenendo alla propria decisione di aggiudicare l’appalto in favore delle due società controinteressate sulla base di una valutazione largamente basata sul maggior ribasso praticato, ogni potenziale verifica in ordine ai presidi di qualità ed efficienza del servizio che è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere.
L’ampliamento dei poteri valutativi in capo alla stazione appaltante, infatti, non può implicare, ad avviso del collegio, che la stessa possa compiere scelte manifestamente illogiche o irragionevoli, qualora quest’ultime determinino il rischio di non ottenere il miglior risultato possibile.