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Malfunzionamento della piattaforma: su chi ricade il rischio in caso di “causa ignota” del blocco?

Pubblicato il 2 Febbraio 2024

da: Antonella Mascolo

TAR Sicilia, Sede di Palermo, Sez. II, 1 febbraio 2024. n. 383

TAR Campania, Sede di Napoli, Sez. I, 1 febbraio 2023, n. 800

Con le due sentenze in commento, il Tribunale amministrativo regionale siciliano e quello campano sono stati ambedue chiamati a pronunciarsi sulla legittimità della richiesta di rimessione in termini per la presentazione dell’offerta in caso di malfunzionamento della piattaforma di gara.

I due TAR – pur muovendo dall’analoga premessa per cui il rischio della “causa ignota” del malfunzionamento informatico ricada ordinariamente sulla stazione appaltante – sono addivenuti, nella decisione delle rispettive fattispecie concrete, a due soluzioni diametralmente contrarie.

Il TAR Palermo era stato chiamato a decidere della legittimità del diniego opposto dalla stazione appaltante all’istanza di rimessione in termini avanzata da un operatore economico, il quale non era riuscito a caricare tempestivamente la propria offerta a causa di un addotto malfunzionamento della piattaforma.

In via preliminare, il TAR siciliano ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui “ove non sia possibile stabilire con certezza se vi sia stato un errore da parte del singolo operatore economico, ovvero se la trasmissione dell’offerta sia stata impedita da un vizio del sistema informatico imputabile alla stazione appaltante, le conseguenze degli esiti anormali del sistema non possono andare a detrimento dei partecipanti, stante la natura meramente strumentale del mezzo informatico” (Consiglio di Stato, sezione III, 28 dicembre 2020, n. 8348, Consiglio di Stato, sezione III, 07 gennaio 2020, n. 86 e Consiglio di Stato, sezione V, 20 novembre 2019, n. 7922), nonché i principi di par condicio e di favor partecipationis.

A fronte di ciò, il TAR ha enunciato il principio secondo cui il rischio della “causa ignota” del malfunzionamento informatico ricade sulla stazione appaltante.

Di converso, nessun diritto alla rimessione in termini può essere riconosciuto in caso di comprovata negligenza del singolo operatore economico, bensì ciascuno dei concorrenti “sopporta le conseguenze di eventuali errori commessi nella formulazione dell’offerta e nella presentazione della documentazione” (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 25 febbraio 2014 n. 9).

In sintesi, per il giudice amministrativo siciliano, il meccanismo di sospensione e proroga del termine di presentazione telematica dell’offerta, già previsto dall’articolo 79, comma 5-bis, D.lgs. n. 50 del 2016 ed ora dall’art. 25, comma 2, terzo periodo, del D.lgs. 31.03.2023 n. 36 opera soltanto se (e nella misura in cui) ricorra almeno una delle due seguenti situazioni:

a) malfunzionamento della piattaforma digitale imputabile alla stazione appaltante;

b) incertezza assoluta circa la causa del tardivo invio dell’offerta (e cioè se per un malfunzionamento del sistema oppure per negligenza dell’operatore economico).

Nel caso sottoposto al proprio scrutinio, nel respingere il ricorso, il TAR siciliano ha ritenuto dirimente la circostanza per cui la ricorrente “non solo non ha fornito alcuna prova dell’allegato malfunzionamento del sistema, il quale avrebbe determinato l’omessa tempestiva e rituale trasmissione dell’istanza di partecipazione, ma neppure ha dimostrato di avere assolto all’onere, come detto sulla stessa ricadente, di essersi attivata tempestivamente e con la dovuta diligenza al fine di porre in essere gli adempimenti necessari alla corretta trasmissione dell’offerta nel termine prescritto”.

Pe il TAR, la disamina della documentazione versata in atti non era da ritenersi idonea a “ravvisare l’asserito blocco o malfunzionamento del sistema, bensì solo il mancato valido upload della domanda di partecipazione impedito dalla piattaforma per la presenza di un errore bloccante, a causa del quale la parte ricorrente non è riuscita ad inviare la domanda di partecipazione in tempo utile”, dovendo conseguentemente ritenersi che “la mancata presentazione della domanda di partecipazione nelle forme e nei termini stabiliti dalla lex specialis può ritenersi imputabile esclusivamente alla condotta tenuta dalla ricorrente, che non ha provato di essersi attivata tempestivamente al fine di concludere le citate operazioni di upload nei tempi tecnici necessari, e non invece ad un malfunzionamento del sistema informatico”.

A diverse conclusioni è, invece, giunta la sentenza TAR Napoli, n. 800/2024. In quel caso l’impresa – che aveva iniziato il caricamento dell’offerta con due ore di anticipo rispetto alla dead line – non era riuscita a validare l’offerta (già caricata) a causa di un addotto rallentamento del sistema, completando la procedura con un ritardo di 8 secondi rispetto al termine fissato dalla Stazione appaltante.

In tale caso, il TAR ha ritenuto verosimile che il mancato completamento della procedura di caricamento fosse dipeso da un rallentamento della piattaforma, “la quale ha dovuto assorbire gli allegati caricati da una pluralità di operatori economici in un ristretto arco temporale, accusando rallentamenti nella procedura di caricamento”.

Di talché, ha concluso la sentenza, “il sovraffaticamento per eccesso di dati in entrata che, verosimilmente, non ha permesso la conferma dell’avvenuto caricamento entro l’orario previsto dal bando, non può riversarsi sulla ricorrente, ciò in applicazione dei principi di par condicio e di favor partecipationis alle procedure di gara (Cons. Stato, sez. III, 7 gennaio 2020, n. 86)”.

Interessante è anche il richiamo operato dal TAR al principio di proporzionalità: “attribuire significato ad un ritardo di soli otto secondi si scontrerebbe col principio di proporzionalità atteso che imporrebbe la grave sanzione espulsiva nei confronti di un operatore che aveva pur sempre caricato in tempo nella piattaforma i dati utili”.

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